Intervista Rural Indie Theatre - settembre 2009

Come è nato il vostro progetto? Raccontatene la storia.
Il Gruppo di Teatro Campestre, detto anche GTC, è nato da un’esperienza in un ruscello della Val Brevenna (GE) il 13 luglio 2008. Qui, dopo una settimana di studio, abbiamo messo in scena L’orso per testare le nostre capacità di attori in un contesto diverso da quello abituale. Abbiamo recitato tra l’acqua, le rocce e gli alberi, in un punto del fiume che aveva tutte le caratteristiche di un teatro: il fondale, il proscenio, le quinte… Il nostro pubblico selezionato era composto da tre persone. Doveva essere un lavoro fine a sé stesso, ma poi abbiamo continuato.

Quali sono i vostri riferimenti nel panorama teatrale o culturale, se ne avete? Compagnie preferite? Registi? Spettacoli preferiti? E se non ne avete, perché?
La nostra origine comune è il Laboratorio di teatro e libera espressione del Gruppolimpido, ma quando il GTC è partito non avevamo riferimenti specifici di regia o modelli teatrali particolari. Siamo partiti più che altro dal confronto delle nostre formazioni culturali e dalle nostre esperienze individuali [Chiara è una pittrice, Elisabetta è laureata in lettere e Michele è un musicista]. Col tempo i riferimenti si sono arrichiti delle esperienze successive, l’incontro con Gli Omini e con i Babilonia Teatri, una frequentazione più assidua dei teatri genovesi, non solo come spettatori, ma anche da attori: in Quando non avrò più male di Raffaella Russo, ad esempio, abbiamo lavorato tutti e tre.

Definitevi: che posto pensate possa avere o volete che abbia il “vostro” teatro all’interno della città di Genova? E, se ci allarghiamo un po’,  nel panorama italiano?
Il GTC continua ad essere uno strumento di ricerca e pratica, non solo a livello espressivo, ma anche organizzativo: da un lato il fatto di cambiare ogni volta spazio e regia ci permette di conoscere sempre di più un testo e di mettere alla prova la nostra creatività; dall’altro è un mezzo per entrare nel circuito teatrale genovese, conoscere operatori, attori, imparare a gestire una compagnia. Come Gruppo, ci proponiamo di non ripetere mai lo stesso spettacolo, nonostante il testo su cui lavoriamo al momento sia uno solo. Non sarà per sempre così, perché l’obiettivo è quello di sfruttare L’orso fino a che non sentiremo pronti, magari a fare qualcosa di tutto nostro. A quel punto, parlando di panorama italiano, ci inseriremmo in quel teatro fatto da  compagnie che prendono spunto dalla cultura e dalla società attuali per scrivere i loro spettacoli (vedi, appunto Gli Omini e altri).

Veniamo al Rural Indie Theatre. Come avete reagito alla proposta di fare il vostro spettacolo in un fiume?
Eravamo felici di tornare alle nostre “origini acquatiche”.

Quali sono stati i passaggi nella preparazione e  nell’adattamento del vostro spettacolo all’ambiente fluviale? Difficoltà? Imprevisti? Idee successivamente scartate?
Nel mese di luglio abbiamo fatto un primo sopralluogo per farci ispirare. I nostri progetti però hanno subito delle variazioni necessarie dato che a settembre il fiume si era dimezzato a causa di un buco nella diga. Se Smirnov, il protagonista maschile, doveva entrare su un pedalò, è poi arrivato in scena a bordo di una quad guidato da Paolo, responsabile dell’Extreme Kayack Salomon. Gli oggetti, che altre volte hanno composto la nostra scenografia, sono stati disposti su piccole piattaforme galleggianti lasciate in balia della corrente. Così anche i costumi, stivali di gomma e abbigliamento “campestre”, sono stati pensati per rispondere alle esigenze dello spazio fluviale hanno.  

Che ne pensate, a posteriori, della prima edizione del Rural Indie Theatre? Siete soddisfatti? Consigliereste dei cambiamenti?
Nonostante l’imprevisto del cambio di attore nel ruolo di Smirnov (il Gruppo avrebbe dovuto testare una nuova formazione proprio in quest’occasione) siamo rimasti soddisfatti degli esiti dello spettacolo. Ci è piaciuto confrontarci con compagnie “coetanee”, con un fotografo e con un pubblico piacevolmente sorpreso dal luogo e dalle modalità di un Festival che è partito bene e speriamo si ingrandisca e diventi un evento atteso nelle prossime edizioni.

Progetti per il futuro?
Fare più date possibili, a Genova e fuori città, per “consumare” il nostro Orso.

Cosa vi augurate come compagnia?
Speriamo di trovare un buon equilibrio all’interno del Gruppo che ci permetta di lavorare ancora meglio, per lungo tempo e magari di entrare nel famoso panorama italiano…

Se volete aggiungere qualcosa, aneddoti, curiosità, commenti, domande che volevate ricevere,  fatelo qui.
Il Gruppo di Teatro Campestre ha uno spauracchio: il biglietto di Natale di papà. E’ quello che i bambini particolarmente creativi, carichi di buone idee mal messe in pratica, costruiscono per i loro genitori sotto le feste e al quale i destinatari rispondono con un sorriso imbarazzato. E’ a questo che pensiamo quando nella fase creativa ci accorgiamo che un’idea che sembrava grandiosa nella pratica lascia molto a desiderare.