mercoledì 27 febbraio 2013

Turnè

Ecco l'itinerario che Civediamoaldìperdì, a neanche un anno dalla sua prima apparizione sul palco del Teatro Baretti di Torino al Festival Play With Food, seguirà dalla bassa Liguria fino alla Toscana dall'8 al 17 marzo.
A tutti i Toscani in ascolto: amici! diffondete la notizia! Fateci sentire il vostro calore! Amateci!

venerdì 8 marzo @ NIN- Nuove interpretazioni, SARZANA

il sito di NIN
sabato 9 marzo @ Festival TEATROPIA 2013, SIENA

il programma di Teatropia2013
giovedì 14 marzo @ Teatro Virginian, AREZZO
venerdì 15 marzo @ Teatro dei Coraggiosi, POMARANCE
sabato 16 marzo @ Teatro dei Coraggiosi, POMARANCE

La pagina facebook del Teatro dei Coraggiosi
domenica 17 marzo @ Cs376, CORTONA


giovedì 21 febbraio 2013

Il Gruppo di Teatro Campestre un anno fa a Art Camp Torino

A giugno 2012 il GTC è stato invitato all'ArtCamp, meeting nazionale dei centri indipendenti italiani di produzione culturale, per parlare del Rural Indie Camp/Theatre. Ecco un video di quella giornata!
Youtube.com Videa - 2. ArtCamp @Murazzi Student Zone Videa

lunedì 11 febbraio 2013

Una recensione capolavoro

Ecco la recensione di Civediamoaldìperdì al Teatro il Sipario Strappato di Giacomo Conti.
E' un amico GTC da anni, è vero: ma leggerlo significa capire meglio il lavoro che stiamo facendo e gliene sono grata:



CIVEDIAMOALDI’PERDI’

“ Sono perso nel supermercato / non riesco più a fare acquisti contento / sono entrato per l’offerta speciale / una personalità garantita…”
(THE CLASH-LOST IN THE SUPERMARKET)

Il teatro –quando non é imitazione morta- può diventare un incontro vivo tra persone vive: allora prende linfa dai palchi, dal clima diffuso e ogni serata risulta diversa dalle altre secondo un magico riproporsi di ingredienti identici che creano un piatto sempre saporito.
CIVEDIAMOALDI’PERDI’ è uno spettacolo incredibilmente vivo e il particolare debutto nel minuto teatro arenzanese IL SIPARIO STRAPPATO esalta le sue caratteristiche creando un  rapporto franco e intimo con il pubblico. La serata inoltre è stata introdotta dal direttore artistico che compie un’estrazione tra gli astanti affinché possano godere dei premi messi a disposizione dagli sponsor: il cortocircuito involontario finzione-realtà non potrebbe essere più compiuto con una magnifica  puntualizzazione durante le domande naif del dibattito post-esibizione (“Effettivamente avete colto un punto: la chiusura del DI’PERDI’ è stata un po’ un trauma…”).

Un tavolo, stoviglie, piatti e tre ragazze sul palco.
Sono tre attrici GTC: Elisabetta Granara, Elisa Occhini e Sara Allevi.
Impersonano tre cuoche-cameriere precarie, stritolate nel nevrotico ingranaggio preparatorio della cena di San Valentino presso un ristorante di livello. 
Se il primo lavoro targato GTC affrontava a muso duro il tabù della morte questa seconda pièce di Elisabetta Granara, Chiara Valdambrini e Roberta Testino indaga un altro tabù contemporaneo: il rapporto ossessivo della nostra società affluente con il cibo e l’acquisto di alimenti.
Se di morte non si vuol mai parlare di cibo si parla fin troppo e ovunque: un bombardamento di informazioni urtanti catechizza sulle modalità per accumularlo, sceglierlo, conservarlo, cucinarlo, in definitiva amarlo.
Il luogo di caccia del cittadino-ghiottone é il supermercato dove il cibo può assurgere a feticcio e il consumo mutare in lavoro supplementare tributato alla “libertà sovrana della merce” (Guy Debord).
Il supermercato come chiesa per i fedeli: per cui non c’è blasfemia nella preghiera in rima dedicata alla Madonna dei punti e degli sconti.
Il supermercato come piazza e punto di riferimento: per cui se viene spostato ci sentiamo smarriti e continuiamo a darci appuntamento al DI’PERDI’ senza riuscire a pronunciare il diabolico nome francese che comincia per C.
Il supermercato come valvola di compensazione: nell’ordine implacabile delle merci, nell’abbondanza crassa delle offerte speciali, nello splendore invitante di cibi e bevande troviamo la promessa messianica di una consolazione alle ristrettezze che siamo costretti ad affrontare.
La consolazione si fonda spesso su un assunto semplice: se siamo ciò che mangiamo mangiando meglio diventeremo persone migliori. Il catalogo ironico delle mode dell’alimentazione etica non risparmia niente: biologico, km zero, equo-solidale, consumo critico, vegetarianesimo vengono contemporaneamente abbracciati e irrisi come se non fosse davvero possibile “uscire dal supermarket”.
Il filo conduttore tematico-musicale delle vicende d’altra parte é l’evergreen di Consuelo Velazquez che presta il nome al ristorante Besame Mucho e viene intonato a turno dalle ragazze nel microfono laterale che raccoglie confidenze e sfoghi. Il testo dolente racchiude il cuore dello spettacolo: baciami, baciami tanto / come se fosse stanotte l’ultima volta…e così il bisogno di amore sublimato nel cibo diviene richiamo all’infanzia dei sapori primari. La torta di nocciole della nonna riconcilia con il mondo interiore e recupera la dimensione autenticamente sacrale del cibo preparato a mano come strumento di cura e di condivisione: la nonna ritorna deponendo una luce fioca fioca, un po’ candela da compleanno un po’ lumino da altare mortuario.
Non possiamo chiedere troppo alla tortina della nonna: non possiamo sperare di rimanere protetti, di non soffrire, di innamorarci della mitologica persona giusta o al contrario di non innamorarci mai.
Eppure uno spiraglio di libertà esiste: la possibilità di rincontrarsi e riconoscersi senza essere obbligati a tornare pavlovianamente di fronte all’insegna DI’PERDI’.
In fondo bastano una pensilina, una busta di tabacco e un gioco di sguardi complici per tornare a essere donne e non tessere nel mosaico dei giorni dilapidati a consumare e a farsi consumare.

La regia di Elisabetta Granara mostra una matura complessità nella scelta dei tagli di luce (a cura di Carlo Cicero), nella composizione delle scene, nella grinta energica delle tre protagoniste e nel ritmo modulato che non trasforma mai l’insieme in una collana di gag mantenendo una coesione che avvolge.
Il retrogusto amaro di ogni segmento spiazza continuamente lo spettatore: si ride soffrendo e alla fine si piange in una fusione di contrasti emotivi che costituisce la forza propulsiva di uno spettacolo inquieto e dubbioso.
In questa costruzione ossessiva contano molto suoni e rumori accuratamente amplificati: i rumori del cibo, i rumori del corpo e i rumori del cibo che attraversa il corpo trasformando in alieno quel che é più quotidiano e costringendo lo spettatore a soffermarsi sull’estraneità dei suoi stessi fenomeni fisiologici (masticazione, deglutizione e digestione).
Comuni utensili servono ad uno scopo non comune in una partitura che deve una parte all’estro delle attrici e molte parti al progetto MUSICA DA CUCINA di Fabio Bonelli, sceso dalle Alpi per creare musica intessuta di riverberi casalinghi. 
Lo spettacolo è nato in occasione del Festival Play with Food III di Torino e ha vinto il Concorso Teatropianeta di Siena.
C’è da scommettere che la sua corsa e quella del GTC non si fermeranno ad Arenzano: buona visione e (se ve ne resta dopo…) buon appetito.

Giacomo Conti

Mai più comme d'habitude

Il GTC partecipa Mercoledì 13 febbraio alle 10.30 alla Sala Chiamata del Porto all'Assemblea Pubblica indetta da Tilt: Proposte d'intervento per un nuovo sistema di gestione dello spettacolo dal vivo.
I tempi sono cambiati. L'abitudine non serve quando i tempi cambiano. I finanziamenti, sì.
Bisogna solo capire come distribuirli.